Società tra professionisti (stp)

L’esercizio in forma associata delle professioni “protette”

La costituzione di società tra professionisti per l’esercizio di professioni regolamentate in ordini professionali è espressamente disciplinata dall’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità per il 2012), e dal successivo decreto attuativo (decreto del Ministero della Giustizia 8 febbraio 2013, n. 34).
La riforma ha eliminato lo storico divieto di costituire società per l’esercizio di professioni protette (legge 23 novembre 1939, n. 1815, ora abrogata), che era stato a suo tempo introdotto per garantire un collegamento diretto tra la figura del professionista, obbligatoriamente iscritto agli ordini professionali, e l'esecuzione della prestazione. Si trattava, quindi, di una garanzia per il cliente, che entrava in rapporto esclusivamente con una determinata persona fisica, iscritta in un albo professionale in seguito a un rigoroso controllo della sua preparazione.
L'unica forma associativa consentita ai professionisti era allora quella dello “studio associato”, costituito solo tra soggetti regolarmente iscritti a un albo professionale, e comprendente nella denominazione il nome e il cognome di tutti gli associati (art. 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815). Anche in questo caso, però, l'incarico viene affidato dal cliente al singolo professionista, e non allo studio, che non ha personalità giuridica e assume rilievo solo nei rapporti tra gli associati, al fine della divisione degli utili. La forma organizzativa dello studio associato è sopravvissuta alla riforma, essendo espressamente fatta salva dalla nuova legge (art. 10, comma 9, della legge 12 novembre 2011, n. 183), nonostante l’abrogazione della legge 23 novembre 1939, n. 1815.
Una prima breccia nel divieto di esercizio dell'attività professionale in forma societaria era stata aperta, già da alcuni anni, dalla possibilità, ammessa prima dalla giurisprudenza e poi dalla stessa legge (art. 90 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), di costituire società per l’esercizio dell’attività di ingegneria, e in particolare per l’esecuzione di studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale, nella forma di “società di ingegneria” (società di capitali o società cooperative a cui possono partecipare anche soggetti non professionisti, senza alcun limite specifico) oppure di “società di professionisti” (società di persone o di società cooperative, costituite esclusivamente tra professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali). La deroga al divieto era stata giustificata con l'opportunità di consentire forme organizzate per l’esercizio dell'attività di progettazione di grandi opere pubbliche.
Norme specifiche erano state dettate anche per le società tra farmacisti (art. 7 della legge 8 novembre 1991 n. 362) e per le società tra avvocati (decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96).
Altri esempi, anche se controversi, di società professionali si sono visti nell’ambito delle professioni mediche, nelle quali, sempre più spesso, è necessario utilizzare attrezzature tecnologicamente avanzate, che richiedono grossi investimenti.


L’esercizio della professione in forma societaria

In seguito all'abrogazione del divieto previsto dall’art. 2 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, oggi è espressamente consentito costituire società tra professionisti, aventi per oggetto l'esercizio di professioni regolamentate in ordini professionali.
Tre le attività professionali regolamentate in ordini professionali, le cosiddette “professioni protette”, rientrano, per esempio, quella di dottore commercialista ed esperto contabile, le professioni tecniche (ingegnere, architetto, geometra) le professioni sanitarie (medico-chirurgo, veterinario, farmacista, infermiera professionale, levatrice, assistente sanitaria, fisioterapista e massoterapista) e la professione di psicologo.
Ricordiamo invece che la costituzione di società per la professione di avvocato è ancora regolata dalla normativa precedente, in attesa dell’approvazione di una disciplina specifica (in forza della delega conferita al governo con l’art. 5 della legge 31 dicembre 2012, n. 247), mentre non è possibile costituire società per l’esercizio dell’attività notarile, connessa alla funzione di pubblico ufficiale.
E’ espressamente escluso dall’ambito di applicazione della società tra professionisti l’esercizio delle professioni “non protette”, cioè di quelle professioni non organizzate in ordini e collegi (esercitate ai sensi dell’art. 1, secondo comma, della legge 14 gennaio 2013, n. 4). Queste attività possono essere esercitate sia attraverso un contratto d’opera intellettuale, sia nell’ambito di un’attività imprenditoriale, in forma individuale o societaria, e anche prima della sua abrogazione non ricadevano nel divieto di costituire società per l’esercizio di attività professionali di cui all’art. 2 della legge 23 novembre 1939, n. 1815, che riguardava esclusivamente le professioni organizzate in ordini e collegi.
Le “società tra professionisti”, dunque, non possono avere per oggetto l’esercizio di attività professionali non organizzate in ordini e collegi, e gli esercenti una professione “non protetta” non possono partecipare a una “società tra professionisti” quale soci professionisti.
Ricordiamo, peraltro, che la collaborazione tra soggetti che esercitano una professione “protetta” e soggetti che esercitano una professione “non protetta” non può avvenire neppure nella forma di associazione professionale (studio associato), essendo espressamente vietata la costituzione di un’associazione “mista” (art. 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815).
Rimane aperta, tuttavia, la possibilità degli esercenti una professione “non protetta” di partecipare a una Stp in qualità di soci “per prestazioni tecniche” o “per finalità di investimento”, a condizione che i soci professionisti mantengano la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci.
Le prestazioni tecniche, comunque, possono essere rese soltanto in via strumentale e accessoria rispetto all’attività professionale svolta dalla società, e non possono rientrare nell’oggetto sociale.


Il tipo di società

La “società tra professionisti” non costituisce un tipo di società a sé stante. Essa è quindi disciplinata dalle norme del codice civile dettate per il tipo sociale prescelto dai soci, con la sola eccezione delle norme specificamente introdotte dalla legge in relazione al loro particolare oggetto sociale.
Le società tra professionisti possono dunque essere costituite nella forma di società di persone (società semplici, società in nome collettivo, società in accomandita semplice), società di capitali (società a responsabilità limitata, società per azioni, società in accomandita per azioni) oppure società cooperative. Le società cooperative di professionisti sono costituite da un numero di soci non inferiore a tre, coerentemente con quanto previsto dal codice civile, che ammette le società cooperative con tre soli soci, se sono tutti persone fisiche (art. 2521 del codice civile).
La scelta di comprendere la società semplice tra le forme societarie ammesse appare coerente con la natura economica, ma non commerciale, dell’attività professionale.
Le società tra professionisti possono essere costituite anche nella forma di s.r.l. con capitale compreso inferiore a 10.000 euro (dunque anche di 1 euro), mentre non è possibile utilizzare la forma della s.r.l. semplificata, dato che lo statuto standard previsto per questa forma societaria non è compatibile con le indicazioni richieste per la società tra professionisti.
Il tipo sociale può essere scelto liberamente dai soci, tenendo presenti le conseguenze sul regime di responsabilità personale per le obbligazioni sociali, l’ammontare richiesto per il capitale sociale e le diverse regole sul funzionamento della società.
Tra le obbligazioni sociali assume, ovviamente, una rilevanza preminente la responsabilità per le prestazioni professionali rese dalla società ai clienti.
Secondo l’opinione prevalente, il rapporto d’opera professionale si instaura tra il cliente e la società, alla quale è conferito l’incarico professionale, anche se questo viene poi eseguito da uno o più soci professionisti. Da ciò deriverebbe che la responsabilità per la prestazione professionale ricada sulla società, e non sul singolo professionista. Nei tipi sociali caratterizzati dalla responsabilità illimitata dei soci (quali la società semplice, la s.n.c. e, per gli accomandatari, anche la s.a.s.), pertanto, ciascun socio si troverebbe a rispondere personalmente, con il proprio patrimonio, anche per le prestazioni professionali fornite dagli altri soci.
L’opinione secondo la quale il rapporto d’opera professionale si instaura tra il cliente e la società appare confermata dalla previsione dell’iscrizione della Stp all’ordine professionale, con conseguente assoggettamento al relativo regime disciplinare, dalla possibilità che sia la società a scegliere il professionista che eseguirà la prestazione (in mancanza di una specifica designazione da parte del cliente), e soprattutto dall’obbligo, previsto dalla legge a carico della società, di stipulare una polizza assicurativa per la responsabilità civile derivante dall’esercizio dell’attività professionale.
Ricordiamo però che c’è chi ritiene che il rapporto d’opera professionale si instauri tra il cliente e il singolo professionista, poiché la legge prevede che l’attività professionale sia esercitata in via esclusiva da parte dei soci.


Denominazione e ragione sociale

La denominazione sociale (o la ragione sociale), in qualunque modo formata, deve contenere l'indicazione di “società tra professionisti”. Tale indicazione si aggiunge a quella previste per il tipo sociale prescelto (per esempio s.n.c., s.r.l., etc.). Nel caso della s.n.c. o della s.a.s., dunque, la regione sociale deve sempre contenere anche il nome di almeno uno dei soci illimitatamente responsabili.
Non è necessario indicare nella ragione sociale le attività professionali svolte dalla società. Nelle società costituite per l’esercizio di più attività professionali, comunque, è consentito utilizzare l’espressione “multiprofessionale”.
Oggetto sociale e clausole obbligatorie

La legge prevede che possono assumere la qualifica di società tra professionisti le società il cui atto costitutivo preveda:

a) l'esercizio in via esclusiva dell'attività professionale da parte dei soci.
Ciò significa che l’oggetto sociale deve prevedere esclusivamente l’esercizio delle professioni protette. Le società tra professionisti, infatti, non possono avere per oggetto l’esercizio di attività professionali non organizzate in ordini e collegi.
Gli esercenti una professione “non protetta” non possono partecipare a una società tra professionisti quale soci professionisti, ma soltanto in qualità di soci “per prestazioni tecniche” o “per finalità di investimento”, a condizione che i soci professionisti mantengano la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci.
Le prestazioni tecniche, dunque, possono essere rese soltanto in via strumentale e accessoria rispetto all’attività professionale svolta dalla società, e non possono rientrare nell’oggetto sociale.
La società tra professionisti può essere costituita anche per l'esercizio di più attività professionali. Si può dunque costituire una società tra professionisti “multidisciplinare”, per l’esercizio di diverse professioni protette, con la presenza di soci iscritti ai rispettivi albi professionali.

b) l'ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento.
In ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci; il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell'ordine o collegio professionale presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall'albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi.

c) criteri e modalità affinché l'esecuzione dell'incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta; la designazione del socio professionista sia compiuta dall'utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all'utente.

c-bis) la stipula di una polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell'esercizio dell'attività professionale.

d) le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo.


Esecuzione dell’incarico

L'incarico professionale conferito alla società può essere eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta. Il socio professionista che deve eseguire la prestazione è scelto dal cliente, e in mancanza di scelta deve essere preventivamente comunicato per iscritto al cliente dalla società.
Nell'esecuzione dell'incarico ricevuto, il socio professionista può avvalersi, sotto la propria direzione e responsabilità, della collaborazione di ausiliari e, solo in relazione a particolari attività, caratterizzate da sopravvenute esigenze non prevedibili, può avvalersi di sostituti. In ogni caso i nominativi dei sostituti e degli ausiliari sono comunicati al cliente per iscritto. Il cliente può comunicare per iscritto il proprio dissenso, entro tre giorni dalla comunicazione ricevuta.
I professionisti soci sono tenuti all'osservanza del codice deontologico del proprio ordine, e la società è soggetta al regime disciplinare dell'ordine al quale è iscritta.
Il socio professionista può opporre agli altri soci il segreto concernente le attività professionali a lui affidate.


Informazioni al cliente

La società professionale, al momento del primo contatto con il cliente, gli deve fornire le seguenti informazioni, anche tramite il socio professionista (art. 4 del decreto del Ministero della Giustizia 8 febbraio 2013, n. 34):
a) sul diritto del cliente di chiedere che l'esecuzione dell'incarico conferito alla società sia affidata ad uno o più professionisti da lui scelti (al fine di consentire la scelta, la società deve consegnare al cliente l'elenco scritto dei singoli soci professionisti, con l'indicazione dei titoli o delle qualifiche professionali di ciascuno di essi);
b) sulla possibilità che l'incarico professionale conferito alla società sia eseguito da ciascun socio in possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività professionale;
c) sulla esistenza di situazioni di conflitto d'interesse tra cliente e società, che siano anche determinate dalla presenza di soci con finalità d'investimento (per consentire al cliente di valutare eventuali situazioni di conflitto di interesse, la società deve consegnare al cliente anche l'elenco scritto dei soci con finalità d'investimento).
La prova dell'adempimento degli obblighi di informazione e il nominativo del professionista o dei professionisti eventualmente indicati dal cliente devono risultare da atto scritto.


I soci professionisti e i soci per finalità di investimento o per prestazioni tecniche

La legge prevede che il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti debba essere comunque tale da determinare la maggioranza dei due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci (art. 10, comma 4, lettera b), della legge 12 novembre 2011, n. 183).
I soci per finalità di investimento o per prestazioni tecniche non possono dunque avere più di un terzo dei voti nelle deliberazioni o decisioni dei soci.
Questa regola si applica sia nell’ipotesi in cui il diritto di voto sia attribuito per teste, (come di regola avviene nelle società di persone e cooperative), sia nell’ipotesi in cui sia commisurato alla partecipazione al capitale sociale (come di regola avviene nelle società di capitali).
I soci professionisti possono anche essere meno dei due terzi dei soci, nelle società di persone o cooperative, o essere titolari di meno dei due terzi del capitale, nelle società di capitali, purché vengano adottate delle pattuizioni tali da garantire agli stessi i due terzi dei voti. Ciò deve avvenire in tutte le deliberazioni o decisioni sociali, sia quelle che riguardano le modifiche di statuti, atti costitutivi e patti sociali, sia quelle relative ad operazioni che richiedono una delibera assembleare o una decisione sociale, come l’approvazione dei bilanci o la nomina degli organi sociali.
La regola dei due terzi non esclude, però, che il voto del socio non professionista possa essere determinante per l’assunzione di una delibera o decisione.
E’ infatti possibile che, in caso di disaccordo tra i soci professionisti, la maggioranza sia raggiunta grazie al voto del socio non professionista.
Inoltre, si ritiene possibile la previsione di un quorum deliberativo superiore ai due terzi dei voti, rendendo così sempre rilevante anche il voto dei soci non professionisti.
Nelle società di persone, la regola legale dell’unanimità dei consensi (art. 2252 c.c.) rende irrilevante il calcolo delle maggioranze nel voto. Il problema si pone soltanto se si desidera derogare alla regola generale. In tal caso è necessario prevedere nei patti sociali una clausola che attribuisca ai soci professionisti almeno i due terzi dei voti.
Nel caso in cui sia prevista l’amministrazione disgiunta, però, il terzo comma dell’art. 2257 c.c. attribuisce la decisione sull’opposizione alla maggioranza dei soci, amministratori e non, calcolata secondo la parte attribuita a ciascuno di essi negli utili, pertanto è sempre necessario prevedere nei patti sociali una clausola che attribuisca ai soci professionisti almeno i due terzi dei voti.
Nelle società di capitali, nel caso in cui i soci professionisti detengano un numero di partecipazioni inferiori ai due terzi, è necessario limitare il diritto di voto dei soci non professionisti ricorrendo ai particolari diritti di cui all’art. 2468, terzo comma, c.c. (nelle società a responsabilità limitata) oppure alle azioni con voto limitato o alle azioni con voto plurimo ai sensi dell’art. 2351 c.c. (nelle società per azioni).


Conferimenti

I conferimenti a titolo di capitale nella società tra professionisti seguono le regole dettate per il tipo societario concretamente adottato.
Normalmente i soci professionisti eseguono un conferimento in denaro, e si impegnano a prestare la propria attività professionale a favore della società.
Si può anche ipotizzare che i soci professionisti si limitino a conferire la propria opera, e pertanto assumano la qualità di soci d’opera in senso stretto, ovviamente soltanto nelle società di persone (art. 2263 c.c., art. 2295 c.c.) o a responsabilità limitata (art. 2464 c.c.). Nelle società per azioni, invece, la prestazione dell’opera professionale può formare oggetto di una prestazione accessoria (art. 2345 c.c.).
Si ritiene comunque possibile che il socio professionista si limiti al conferimento di denaro o altri beni, senza assumere alcun impegno circa lo svolgimento della propria attività professionale a favore della società. In questo caso, l’assunzione di ciascuno specifico incarico professionale dovrà essere negoziato con la società.
Un’altra ipotesi che potrà verificarsi con frequenza è il conferimento nella società tra professionisti dello studio professionale preesistente.
Nella maggior parte dei casi il conferimento avrà per oggetto i beni strumentali, o comunque le attività e passività relative allo studio professionale. Sembra possibile conferire anche l’avviamento, inteso come andamento medio storico del fatturato del singolo professionista, mentre è da escludere che possa essere oggetto di conferimento la clientela, stante la natura personale del rapporto fiduciario che caratterizza il contratto d’opera professionale.
Ricordiamo che secondo la Corte di Cassazione (sentenza 9 febbraio 2010, n. 2860) nell’ambito del trasferimento dello studio professionale è possibile ipotizzare soltanto l’impegno del cedente volto a favorire la prosecuzione del rapporto professionale tra i vecchi clienti e il soggetto subentrante attraverso l'assunzione di obblighi positivi di fare, quali il compimento di un'attività promozionale di presentazione, e negativi di non fare, quali il divieto di esercitare la medesima attività nello stesso luogo.
I soci per finalità di investimento possono conferire denaro o altri beni, mentre i soci per prestazioni tecniche possono conferire la propria opera (nelle società di persone o s.r.l.), eventualmente insieme a una somma di denaro.


Incompatibilità

La legge prevede espressamente che la partecipazione ad una società tra professionisti è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti (art. 10, comma 6, della legge 12 novembre 2011, n. 183). L’incompatibilità si applica anche alla partecipazione a società multiprofessionali.
Ciascun socio, dunque, può partecipare a una sola società tra professionisti.
La previsione di legge non fa riferimento ai soli soci professionisti, quindi la limitazione si applica a tutti i soci, anche ai soci per prestazioni tecniche o con finalità di investimento.
Ulteriori limitazioni sono previste per i soci con finalità di investimento (art. 6 del decreto del Ministero della Giustizia 8 febbraio 2013, n. 34).
Il socio per finalità d'investimento può far parte di una società professionale solo quando:
a) sia in possesso dei requisiti di onorabilità previsti per l'iscrizione all'albo professionale cui la società è iscritta;
b) non abbia riportato condanne definitive per una pena pari o superiore a due anni di reclusione per la commissione di un reato non colposo e salvo che non sia intervenuta riabilitazione;
c) non sia stato cancellato da un albo professionale per motivi disciplinari.
Costituisce requisito di onorabilità la mancata applicazione, anche in primo grado, di misure di prevenzione personali o reali.
Le incompatibilità si applicano anche ai legali rappresentanti e agli amministratori delle società, le quali rivestono la qualità di socio per finalità d'investimento di una società professionale.
Il mancato rilievo o la mancata rimozione di una situazione di incompatibilità, desumibile anche dalle risultanze dell'iscrizione all'albo o al registro tenuto presso l'ordine o il collegio professionale, integrano illecito disciplinare per la società tra professionisti e per il singolo professionista.


Amministrazione

Le norme sulla società tra professionisti non contengono alcuna previsione specifica circa l’amministrazione della società
Ferma restando l’applicazione della disciplina specifica dettata per il tipo societario scelto, è sorto il dubbio circa la possibilità di attribuire l’incarico di amministratore a un socio con finalità di investimento o per prestazioni tecniche. Il dubbio deriva dall’intento manifestato dal legislatore di evitare eccessive ingerenze dei soci “non professionisti” nello svolgimento dell’attività professionale della società. Nelle società di persone, infatti, con l’attribuzione dell’amministrazione a un socio non professionista, la prevalenza dei soci professionisti nelle decisioni risulterebbe limitato alla modifica dei patti sociali e alla nomina e revoca degli amministratori.
Secondo l’interpretazione prevalente, però, in mancanza di uno specifico divieto, l’amministrazione della società può essere affidata anche a soggetti diversi dai soci professionisti.
La ragione di questa scelta viene individuata nell’opportunità di consentire l’affidamento ad altri soggetti dei compiti amministrativi della società, tra cui rientrano anche attività estranee all’attività professionale (quali la redazione dei documenti contabili, la tenuta dei libri sociali, la gestione del personale), in modo che i professionisti possano concentrarsi sullo svolgimento della propria attività.
E’ senz’altro possibile, comunque, introdurre specifiche limitazioni nei patti sociali o nello statuto della società.


La società tra professionisti unipersonale

Rimane ancora molto controversa la possibilità di costituire una società tra professionisti unipersonale (nella forma di s.r.l. o di s.p.a.).
Pur in mancanza di uno specifico divieto, molti ritengono che ciò non sia possibile, perché porterebbe di fatto a una limitazione della responsabilità nell’ambito dell’esercizio individuale della professione.
Allo stato attuale, dunque, è consigliabile un atteggiamento prudente.


Iscrizione al registro delle imprese

La società tra professionisti deve iscriversi nel registro delle imprese nella sezione ordinaria prevista per il tipo societario adottato.
La società tra professionisti deve inoltre iscriversi alla sezione speciale del registro delle imprese istituita ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, ai fini di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia, anche per la verifica dell’eventuale incompatibilità dei soci.
La certificazione dell’iscrizione nella sezione speciale riporta l’indicazione della qualifica di società tra professionisti.


Iscrizione all’albo professionale

La società tra professionisti è iscritta in una sezione speciale degli albi o dei registri tenuti presso l'ordine o il collegio professionale di appartenenza dei soci professionisti.
La società tra professionisti può essere costituita anche per l'esercizio di più attività professionali. Si può dunque costituire una società tra professionisti “multidisciplinare”, per l’esercizio di diverse professioni protette, con la presenza di soci iscritti ai rispettivi albi professionali. In questo caso la società deve iscriversi soltanto all’albo professionale relativo all’attività indicata nell’atto costitutivo come attività prevalente.


Le associazioni professionali

La forma organizzativa dell’associazione professionale (studio associato) è sopravvissuta alla riforma, essendo espressamente fatta salva dalla nuova legge (art. 10, comma 9, della legge 12 novembre 2011, n. 183), nonostante l’abrogazione della legge 23 novembre 1939, n. 1815.
Ciò significa che è ancora possibile esercitare le professioni protette nella forma di associazione professionale, costituita solo tra soggetti regolarmente iscritti a un albo professionale, e comprendente nella denominazione il nome e il cognome di tutti gli associati (art. 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1815). In questo caso, però, l'incarico viene affidato dal cliente al singolo professionista, e non allo studio, che non ha personalità giuridica e assume rilievo solo nei rapporti tra gli associati, al fine della divisione degli utili.


La trasformazione di associazione professionale in società tra professionisti

In seguito all’entrata in vigore della legge 12 novembre 2011, n. 183, si è inevitabilmente prospettata l’eventualità di procedere alla “trasformazione” in società tra professionisti degli studi associati attualmente costituiti nella forma di associazioni professionali.
L’associazione professionale è considerata dalla giurisprudenza prevalente un contratto associativo atipico, che dà origine a un centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici, pur se privo della personalità giuridica. L’associazione professionale sarebbe dunque simile all’associazione non riconosciuta, pur differenziandosene per la presenza di uno scopo di lucro.
Una parte della giurisprudenza ritiene invece assimilabile l’associazione professionale alla società semplice, poiché svolge un’attività economica ma non commerciale.
Seguendo l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza prevalente, sarebbe dunque possibile la trasformazione dell’associazione professionale in società tra professionisti, secondo le modalità della trasformazione eterogenea atipica, con il consenso di tutti gli associati e con gli effetti di cui all’art. 2498 c.c. (“Con la trasformazione l'ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi e prosegue in tutti i rapporti anche processuali dell'ente che ha effettuato la trasformazione.”), rispettando il disposto dell’art. 2500-novies c.c. a tutela dei creditori (efficacia della trasformazione solo dopo sessanta giorni dall’ultimo degli adempimenti pubblicitari previsti).
In alternativa si potrebbe ipotizzare la costituzione della società tra professionisti mediante conferimento, da parte di ciascuno dei professionisti associati, della propria quota del preesistente studio associato.
Nessun problema presenta invece l’ipotesi della “trasformazione” di una società di servizi in società tra professionisti, che si può attuare anche con una semplice modifica dei patti sociali o dello statuto, ove rimanga inalterato il tipo sociale (per esempio, quando una s.n.c. di servizi diventa una società tra professionisti conservando la forma di s.n.c.).
Non è possibile, invece, ipotizzare la trasformazione in società tra professionisti di un’associazione temporanea di professionisti (normalmente contratta per la partecipazioni ad appalti pubblici), che ha la natura giuridica di un contratto di mandato con rappresentanza.


Le altre forme di società per l’esercizio di professioni “protette”

La legge per la concorrenza 2017 ha stabilito nuove regole per l’esercizio della professione forense in forma societaria, che si differenziano rispetto alla disciplina generale della società tra professionisti.
Sono inoltre previste, in deroga alla normativa generale, norme speciali che disciplinano le società per la gestione di farmacie e le società di ingegneria.
Le società per l’esercizio dell’attività di ingegneria (art. 90 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), e in particolare per l’esecuzione di studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto ambientale, possono essere costituite nella forma di “società di ingegneria” (società di capitali o società cooperative a cui possono partecipare anche soggetti non professionisti, senza alcun limite specifico) oppure di “società di professionisti” (società di persone o di società cooperative, costituite esclusivamente tra professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali). Con la legge per la concorrenza 2017 è stata introdotta una norma interpretativa che ha eliminato ogni dubbio sulla possibilità che le società di ingegneria assumano incarichi anche da soggetti privati.
Le società per la gestione di farmacie, note anche come "società speziali" (art. 7 della legge 8 novembre 1991 n. 362) in precedenza potevano essere costituite solo nella forma di società di persone o società cooperative a responsabilità limitata, ma la legge per la concorrenza 2017 ha previsto la possibilità che anche le società di capitali siano titolari di farmacie, eliminando il limite numerico sulla titolarità di farmacie (che era di quattro) e fissando un tetto per il quale ogni società non potrà controllare direttamente o indirettamente più del 20% delle farmacie esistenti sul territorio regionale. In ogni caso, ricordiamo che le società speziali non sono considerate società tra professionisti, perché hanno per oggetto l'esercizio di un'impresa, quindi non si applicano le norme sulla stp.

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