L’azione revocatoria

Quando un’obbligazione non viene adempiuta, il creditore può chiedere l’espropriazione dei beni del debitore. Può accadere, però, che il debitore, sapendo di non poter pagare il debito, si spogli delle sue proprietà vendendole o donandole a terzi. Ecco perché la legge consente al creditore di far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore che arrechino pregiudizio al suo credito, e in particolare la vendita di un bene immobile. Ciò comporta che l’acquirente debba restituire il bene acquistato, in cambio del diritto a farsi restituire il prezzo pagato. E’ la cosiddetta azione revocatoria ordinaria, che richiede però, oltre alla malafede del debitore, anche la consapevolezza, da parte dell’acquirente, del pregiudizio arrecato al creditore. Una circostanza difficile da dimostrare. Chi acquista in buona fede, dunque, non deve temere per la situazione finanziaria del venditore.
Le cose cambiano se il debitore fallisce, poiché si applicano le regole dell’azione revocatoria fallimentare. Questa rappresenta un rischio concreto per l’acquirente, che deve valutare attentamente l’opportunità di acquistare un bene da un imprenditore che si trovi in una situazione finanziaria difficile. Infatti, se dovesse essere costretto a restituire la casa al curatore fallimentare, avrebbe poche possibilità di farsi rimborsare ciò che aveva pagato per comprarla. Non sono al sicuro neppure i successivi acquirenti del bene perché si ritiene, in mancanza di una norma precisa, che la revocatoria fallimentare abbia effetto anche nei loro confronti, a differenza di quanto previsto per la revocatoria ordinaria. Gli atti con i quali il fallito ha venduto beni di sua proprietà al prezzo di mercato possono essere revocati solo se effettuati nei sei mesi precedenti la dichiarazione di fallimento (e non più nell'anno precedente), e il curatore fallimentare deve dimostrare che l'acquirente era a conoscenza dello stato di insolvenza, cioè che il venditore era incapace di fare fronte regolarmente alle proprie obbligazioni, dunque il fallimento era prossimo (d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80). La giurisprudenza ha precisato che è sufficiente provare che lo stato di insolvenza appariva evidente a una persona di normale diligenza.
Se però la vendita è avvenuta a un prezzo ridotto, cioè quando il prezzo pagato è inferiore di almeno un quarto rispetto al valore di mercato del bene venduto, può essere revocata se effettuata nell'anno anteriore alla sentenza di fallimento. La riforma ha ridotto il termine, che prima era di due anni, e ha recepito la sproporzione di un quarto del valore, che già in precedenza era stata indicata dalla giurisprudenza. Ma soprattutto, in questo caso, la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell'acquirente è sempre presunta, quindi chi acquista a basso prezzo non può mai dire che non conosceva la situazione precaria del venditore. Questo è un aspetto che deve essere attentamente considerato prima di dichiarare davanti al notaio un prezzo inferiore al reale. Infatti, quando il venditore è un imprenditore, in caso di fallimento si corre il rischio di perdere sia la casa sia i soldi.
La riduzione dei termini per la revocatoria fallimentare ha diminuito il rischio dell'acquirente che acquista un bene da un imprenditore che si trova in difficoltà finanziarie. Dichiarando il giusto prezzo, si possono avere problemi solo se il fallimento viene dichiarato nei sei mesi successivi. Il legislatore, però, ha voluto azzerare completamente il rischio per chi acquista la prima casa. Oggi non è soggetta all'azione revocatoria la vendita al "giusto prezzo" di un immobile destinato a costituire l'abitazione principale dell'acquirente, o di suoi parenti e affini entro il terzo grado. La norma non precisa quando l'immobile si considera destinato a costituire l'abitazione principale, ma nel dubbio è senz'altro opportuno trasferire la residenza nel più breve tempo possibile. La cosa più importante è comunque il prezzo della vendita. La legge parla di "giusto prezzo", che corrisponde al valore di mercato. Attenzione allora a non dichiarare, nell'atto notarile, un prezzo inferiore a quello pagato.
Ricordiamo che l'esclusione della revocatoria fallimentare è prevista anche nell’ambito delle norme di tutela dell’acquirente di fabbricati in costruzione, quando l'acquirente si è impegnato a trasferire nell'immobile la residenza, propria o di suoi parenti o affini entro il terzo grado, entro dodici mesi dall'acquisto o dall'ultimazione, a condizione che la vendita sia avvenuta al "giusto prezzo", cioè al prezzo di mercato, da valutare al momento della stipula del contratto preliminare (art. 10 d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122).

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