Società agricole e prelazione agraria

La prelazione agraria è stata tradizionalmente riservata ai coltivatori diretti, e da ciò derivava l’impossibilità di riconoscere questo diritto alle società agricole, che non possono avere tale qualifica, riservata alle persone fisiche.
Oggi esistono però alcuni casi in cui la prelazione agraria spetta anche alla società agricole.
Anzitutto, hanno diritto alla prelazione agraria le società agricole di persone in cui almeno la metà dei soci ha la qualifica di coltivatore diretto. La riforma dell’impresa agricola (d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, modificato dal d.lgs.27 maggio 2005, n. 101) ha infatti previsto il diritto di prelazione per l’acquisto dei terreni condotti in affitto o confinanti alle società agricole di persone (società semplici, s.n.c., s.a.s.) in cui almeno la metà dei soci è in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’art. 2188 e seguenti del codice civile. In questo caso, dunque, deve essere presente un collegamento con la figura del coltivatore diretto, a cui era tradizionalmente riservato il diritto di prelazione. Ciò che conta è il numero dei soci, indipendentemente dalla loro quota di partecipazione, poiché il legislatore non ha fatto riferimento alla metà del capitale sociale, ma alla metà dei soci (da calcolare dunque per teste).
Ricordiamo che per essere considerata società agricola la società di persone deve avere come oggetto esclusivo l’esercizio dell’agricoltura e delle attività connesse, (individuate dall’art. 2135 del codice civile), la ragione sociale deve contenere l’indicazione “società agricola”, e almeno uno dei soci deve essere in possesso della qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale, mentre gli altri soci possono anche non essere agricoltori, indipendentemente dal loro numero. Nelle società in accomandita semplice (s.a.s.) deve essere coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale almeno un socio accomandatario.
Il diritto di prelazione, dunque, non spetta a tutte le società agricole di persone, ma solo a quelle in cui almeno la metà dei soci è in possesso della qualifica di coltivatore diretto. Sono escluse dal diritto di prelazione le società agricole di persone in cui meno della metà dei soci è coltivatore diretto, indipendentemente dalla presenza di imprenditori agricoli professionali, e sono sempre escluse le società di capitali, anche in presenza di soci coltivatori diretti.
Possiamo anche notare che in questo caso il legislatore ha fatto espresso riferimento all’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese quale criterio per verificare la qualifica di coltivatore diretto, contrariamente all’orientamento della giurisprudenza consolidata, che nell’ambito della normativa sulla prelazione ha sempre ritenuto irrilevante, ai fini della qualifica di coltivatore diretto, l’iscrizione al registro delle imprese, come in altri albi o elenchi, facendo riferimento solo all’esercizio di fatto dell’attività agricola.
Il diritto di prelazione dell’affittuario spetta inoltre alle cooperative agricole di coltivatori della terra (art. 16 della legge 14 agosto 1971 n. 817). In questo caso imprenditore agricolo è la cooperativa, non i singoli soci, che possono anche non essere coltivatori diretti ma braccianti agricoli (Cass. 18 giugno 1996 n. 5577; Cass. 13 gennaio 1986, n. 151).
La lettera della legge fa riferimento solo al diritto di prelazione dell’affittuario, richiamando espressamente l’art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e tale è l’opinione prevalente, ma alcuni interpreti ritengono che si applichi anche alla prelazione del confinante (art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817).
Il diritto di prelazione agraria è stato poi esteso alle cooperative di imprenditori agricoli che utilizzano, per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 2135 del codice civile, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura e allo sviluppo del ciclo biologico (considerate imprenditori agricoli ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 22), quando almeno la metà degli amministratori e dei soci è in possesso della qualifica di coltivatore diretto, come risultante dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui agli articoli 2188 e seguenti del codice civile (art. 7-ter del decreto legge 24 giugno 2014, n. 91, introdotto dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 116).
In questo caso la legge fa espresso riferimento al diritto di prelazione di cui all’art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e all’art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, pertanto a questo tipo di cooperative agricole spetta il diritto di prelazione sia quale affittuario, sia quale confinante.
Anche qui il legislatore ha fatto espresso riferimento all’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese quale criterio per verificare la qualifica di coltivatore diretto, confermando una tendenza che potrebbe in futuro influenzare la giurisprudenza anche al di fuori dei casi in cui l’iscrizione al registro delle imprese è specificamente richiamata.
Non sembra invece che si possa applicare alle società agricole la norma che estende il diritto di prelazione del confinante all’imprenditore agricolo professionale (Iap) iscritto nella previdenza agricola (art. 1, terzo comma, della legge 28 luglio 2016, n. 154, che ha introdotto il numero 2-bis nel primo comma dell’art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817).
Il riferimento generico all’imprenditore agricolo professionale sembra comprendere anche le società agricole, che come è noto possono ottenere la qualifica di imprenditore agricolo professionale, in presenza dei requisiti previsti dalla legge, ma la norma che estende il diritto di prelazione richiede espressamente che l’imprenditore agricolo professionale sia “iscritto nella previdenza agricola”, e questa è una caratteristica specifica delle persone fisiche, che manca alle società.
L’interpretazione letterale della nuova norma porterebbe dunque a concludere che le società agricole, pur avendo la qualifica di imprenditore agricolo professionale, non possono beneficiare del diritto di prelazione agraria per l’acquisto dei fondi confinanti, e tale è attualmente l’opinione prevalente tra gli interpreti, pur rimanendo qualche dubbio in attesa di una presa di posizione della giurisprudenza.

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