I trasferimenti immobiliari nella separazione personale e nel divorzio

I trasferimenti immobiliari tra i coniugi

La comproprietà dell’abitazione tra i due coniugi rappresenta un problema da risolvere al momento del divorzio o della separazione personale.
Con la cessazione della convivenza, infatti, la casa può essere di fatto utilizzata da uno solo dei coniugi, ma sotto il profilo economico costituisce di solito una parte consistente, se non preponderante, del patrimonio della coppia, e spesso è gravata anche dal mutuo contratto per l’acquisto, quindi si pone anche il problema del pagamento delle rate. E’ quasi inevitabile, dunque, che uno dei due coniugi acquisti anche la quota dell’altro, di solito accollandosi l’intero mutuo. In alternativa, si procede di comune accordo alla vendita dell’intero immobile a terzi.
A volte il problema riguarda anche altri immobili acquistati insieme, magari in regime di comunione legale dei beni.
Il legislatore ha voluto favorire chi si trova in questa situazione, prevedendo un’esenzione fiscale sui trasferimenti immobiliari relativi a pratiche di divorzio (art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74).
L'esenzione è stata confermata dall'Agenzia delle entrate (circolare n. 2E del 21 febbraio 2014) anche dopo il primo gennaio 2014, quando è entrata in vigore la riforma delle imposte di registro, che ha disposto l'abrogazione di gran parte delle agevolazioni ed esenzioni fiscali precedentemente previste dalla legge (art. 10 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, come modificato dall’art. 26 del d.l. 12 settembre 2013, n. 104, e dall’art. 1, commi 608 e 609, della legge 27 dicembre 2013, n. 147).
La legge continua dunque a prevedere, per i trasferimenti immobiliari che avvengono nell'ambito di procedimenti di divorzio, l’esenzione totale dalle imposte di registro, ipotecarie, catastali, dal bollo e da tutti gli altri tributi accessori.
Ricordiamo comunque che, secondo alcuni tribunali, nel procedimento di omologa della separazione personale possono rientrare solo i trasferimenti immobiliari attuati in sostituzione (totale o parziale) del pagamento dell’assegno di mantenimento, ed espressamente qualificati come tali. Si tratta, insomma, di un accordo tra i coniugi per pagare anticipatamente in un’unica soluzione la somma che dovrebbe essere versata mensilmente dal coniuge economicamente più forte a quello più debole. Secondo questo orientamento, negli altri casi i trasferimenti immobiliari non potrebbero essere oggetto di omologa, e dovrebbero essere attuati in forme diverse, per esempio con un atto di compravendita, oppure con un atto di divisione del patrimonio tra i coniugi.
Ricordiamo infine che l’Agenzia delle entrate si sta orientando nel senso di ritenere sempre necessario l’atto notarile per il trasferimento nell’ambito di procedimenti di divorzio, negando la trascrizione di provvedimenti di omologa che dispongano direttamente il passaggio della proprietà, quindi ormai la maggior parte dei tribunali prevede l’assunzione di un impegno da parte dei coniugi ad attuare il trasferimento di fronte al notaio, sempre con l’esenzione da tutte le imposte.
La Corte Costituzionale è intervenuta per precisare che la stessa agevolazione deve essere concessa anche ai trasferimenti di immobili che avvengono nell’ambito dei procedimenti di separazione personale dei coniugi, cioè un quella fase che precede il divorzio (sentenza n. 154 del 10 maggio 1999).
La legge, infatti, aveva fatto riferimento solo al divorzio, perché solo in quella fase il regolamento dei rapporti tra i coniugi può dirsi definitivo, mentre nell’ambito della separazione personale gli accordi e i provvedimenti del giudice possono essere sempre modificati se cambiano i presupposti, cioè la situazione di fatto che li ha determinati. Ecco perché il trasferimento di un immobile, di per sé definitivo, era sembrato prematuro al momento della separazione personale.
La prassi ha invece dimostrato che spesso i coniugi si accordano, già al momento della separazione personale, per il trasferimento della proprietà della casa coniugale (e non solo del diritto di abitarla), in luogo del pagamento di un assegno di mantenimento, e la Corte Costituzionale è intervenuta per estendere l’agevolazione fiscale.


Il trasferimento di immobili ai figli

L’Agenzia delle entrate, recependo l’orientamento già da tempo espresso dalla Corte di Cassazione (sentenza 30 maggio 2005, n. 11458), ha riconosciuto l’applicabilità dell’agevolazione fiscale prevista per i trasferimenti tra coniugi in occasione dei procedimenti di separazione personale o divorzio anche al trasferimento di immobili a favore dei figli, che risultano molto frequenti nella prassi.
Secondo l'agenzia delle entrate, però, l'esenzione fiscale prevista dall' art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, si applica alle disposizioni patrimoniali in favore dei figli disposte in accordi di separazione e di divorzio solo se il testo dell'accordo omologato dal tribunale prevede esplicitamente che l'accordo patrimoniale a beneficio dei figli sia elemento funzionale e indispensabile ai fini della risoluzione della crisi coniugale (Circolare n. 27/E del 21 giugno 2012). Ciò comporta la necessità di inserire questa precisazione negli accordi di separazione o divorzio, al fine di poter usufruire dell'esenzione fiscale.


Niente decadenza per l’agevolazione prima casa

Il coniuge che, in adempimento di un obbligo assunto in sede di separazione o divorzio, cede all’altro la propria quota di comproprietà dell’abitazione principale, non perde le agevolazioni prima casa richieste al momento dell’acquisto, anche se non sono ancora trascorsi cinque anni.
Lo ha stabilito l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 27/E del 21 giugno 2012, modificando la precedente interpretazione secondo la quale si sarebbe applicata, anche in questo caso, la regola generale che prevede decadenza dalla agevolazioni in caso di rivendita dell’immobile entro i cinque anni dall’acquisto, con la sola eccezione, specificamente prevista, del riacquisto (entro un anno) di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.
Oggi, dunque, se uno dei coniugi trasferisce all’altro la sua quota di comproprietà della casa, nell’ambito di un accordo di separazione o divorzio omologato dal giudice, non si verifica la decadenza dalle agevolazioni prima casa sull’acquisto avvenuto da meno di cinque anni, anche se il cedente non riacquista un altro immobile da adibire ad abitazione principale. Secondo l’agenzia delle entrate, ciò avviene grazie all’applicazione dell’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, che prevede l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa sul trasferimento nell’ambito del procedimento di separazione o divorzio.
L’agenzia delle entrate ritiene inoltre che non si verifichi la decadenza dalle agevolazione nel caso in cui, in base all’accordo omologato dal tribunale, entrambi i coniugi trasferiscano a terzi la proprietà dell’immobile, con rinuncia da parte di uno dei coniugi a favore dell’altro, all’incasso del ricavato derivante dalla vendita, ma solo a condizione che il coniuge che incassa interamente il corrispettivo della vendita riacquisti entro un anno un altro immobile da adibire ad abitazione principale. In questo caso non si applica l’esenzione prevista dall’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, ma, il coniuge non incassa alcun corrispettivo per la vendita non è obbligato ad acquistare una nuova abitazione per evitare la decadenza.

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