L’agibilità dei fabbricati

Il certificato di agibilità è stato sostituito dalla segnalazione certificata di agibilità a partire dall’11 dicembre 2016.
La sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell’opera al progetto presentato e la sua agibilità, sono oggi attestati da un professionista mediante la “segnalazione certificata di agibilità” (art. 24 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, come sostituito dall'art. 3, comma 1, lettera i, del d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222).
La novità sostanziale consiste nell’assunzione di responsabilità da parte del professionista, tenuto ad attestare la sussistenza dei requisiti di legge.
Il titolare del permesso di costruire, o chi ha presentato la segnalazione certificata di inizio di attività, deve presentare la segnalazione certificata di agibilità allo sportello unico per l’edilizia del Comune competente, entro 15 giorni dall’ultimazione dei lavori di finitura. La domanda può essere presentata anche dai successori o aventi causa, quindi non solo dal costruttore ma anche dall’acquirente del fabbricato.
La segnalazione certificata di agibilità deve essere presentata per le nuove costruzioni, per le ricostruzioni o sopraelevazioni (totali o parziali), e per gli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati.
La mancata presentazione della segnalazione certificata di agibilità comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria che da 77 a 464 euro.
Non è più prevista, invece, alcuna sanzione per l'utilizzo di un fabbricato non agibile, a meno che sia stata emessa un'ordinanza di sgombero.
La segnalazione certificata di agibilità può riguardare anche singoli edifici o singole porzioni della costruzione, purché funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative all’intero intervento edilizio e siano state completate e collaudate le parti strutturali connesse, nonché collaudati e certificati gli impianti relativi alle parti comuni; oppure può riguardare singole unità immobiliari, purché siano completate e collaudate le opere strutturali connesse, siano certificati gli impianti e siano completate le parti comuni e le opere di urbanizzazione primaria dichiarate funzionali rispetto all’edificio oggetto di agibilità parziale.
La segnalazione certificata di agibilità è corredata dalla seguente documentazione:
- attestazione del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista abilitato che assevera la sussistenza delle condizioni necessarie;
- certificato di collaudo statico;
- dichiarazione di regolare esecuzione resa dal direttore dei lavori;
- dichiarazione di conformità delle opere realizzate alla normativa vigente in materia di accessibilità e superamento delle barriere architettoniche;
- estremi dell’avvenuta dichiarazione di aggiornamento catastale;
- dichiarazione dell’impresa installatrice, che attesta la conformità degli impianti installati negli edifici alle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico prescritte dalla disciplina vigente ovvero, ove previsto, certificato di collaudo degli stessi.
L’edificio può essere utilizzato a partire dalla data di presentazione allo sportello unico della segnalazione certificata di agibilità, corredata della documentazione descritta.
La presentazione della segnalazione certificata di agibilità non impedisce comunque la dichiarazione di inagibilità di un edificio o di parte di esso, ricorrendone i presupposti, ai sensi dell'art. 222 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (art. 26 del d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222).

A partire dall’entrata in vigore del testo unico sull’edilizia (30 giugno 2003), il certificato di agibilità doveva essere richiesto solo per le nuove costruzioni (o ricostruzioni e sopraelevazioni) e per gli edifici già esistenti nei quali siano eseguiti alcuni interventi edilizi indicati dalla legge.
Non esiste invece una specifica disposizione che preveda l’obbligo di presentare la segnalazione certificata di agibilità per le vecchie costruzioni che non siano state oggetto di interventi successivamente all’entrata in vigore del testo unico sull’edilizia (30 giugno 2003), il quale ha abrogato tutta la disciplina previgente.

Nel nostro ordinamento non esiste una norma che vieta di alienare un fabbricato in mancanza dei requisiti di agibilità, e pertanto neppure una norma che vieta di alienare un fabbricato in mancanza del certificato di agibilità ovvero, oggi, in mancanza della presentazione della segnalazione certificata di agibilità.
Il problema riguarda dunque il rapporto tra le parti, che anzitutto devono essere correttamente informate su questo aspetto, e poi devono raggiungere un accordo tra di esse, che è opportuno sia espressamente documentato nell’atto di compravendita (e, auspicabilmente, già nel contratto preliminare).
Quando viene venduto un fabbricato il venditore deve normalmente garantire la presenza dei requisiti di agibilità, perché se questi non sono presenti l'edificio è privo di una qualità essenziale per l'uso a cui è destinato.
L'unica eccezione si può avere quando l'acquirente dichiara espressamente di essere consapevole della mancanza dei requisiti di agibilità, e di voler acquistare ugualmente il fabbricato.
Una simile situazione è ovviamente anomala, e non può mai essere presunta: deve risultare inequivocabilmente dal contratto.
Normalmente, dunque, il venditore è responsabile dell'agibilità del fabbricato e in mancanza dei requisiti l'acquirente può chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno subito.
Se è presente la certificazione di agibilità, il venditore che ne sia in possesso deve senz’altro consegnarla all'acquirente.
Se l’agibilità era stata attestata per silenzio assenso, il venditore deve consegnare all’acquirente una copia della domanda, corredata dei relativi allegati, con la ricevuta della presentazione, e dichiarare che è decorso il termine previsto dalla legge e non sono stati emessi provvedimenti di sospensione o diniego. Sarebbe ancora meglio, in questi casi, se si riuscisse a ottenere dal Comune una dichiarazione circa l’avvenuta presentazione della domanda e il decorso del termine per il silenzio assenso.
Se invece è stata presentata la segnalazione certificata di agibilità, il venditore deve consegnarne all’acquirente una copia, corredata dei relativi allegati, con la ricevuta della presentazione allo sportello per l’edilizia.
Per gli edifici di vecchia costruzione, realizzati prima dell’entrata in vigore del testo unico sull’edilizia, può comunque accadere che non esista alcuna documentazione, o non sia possibile reperirla, neppure mediante accesso agli atti del Comune; in tal caso il venditore non potrà fare altro che garantire la presenza dei requisiti di agibilità, assumendosene la responsabilità nei confronti dell’acquirente.
Per ovviare a questo problema, che interessa molti edifici di vecchia costruzione, è stata introdotta la possibilità di presentare la segnalazione certificata anche in assenza di lavori, per gli immobili legittimamente realizzati ma privi della certificazione di agibilità (in quanto mai rilasciata o irreperibile) che presentano i requisiti da definire con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti predisposto di concerto con il Ministro della salute, con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo e con il Ministro per la pubblica amministrazione (art. 24, comma 7-bis, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, introdotto dal decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla legge 11 settembre 2020, n. 120). Una volta emanato questo decreto, sarà dunque possibile ottenere la certificazione dell'agibilità anche per gli edifici che attualmente ne sono privi.
Nel caso dei fabbricati di nuova costruzione la documentazione attestante l’agibilità non può mancare, ma può accadere che le parti si accordino per stipulare l’atto di compravendita prima che sia stata presentata la segnalazione certificata di agibilità. In tal caso il venditore deve garantire la presenza dei requisiti di agibilità, e rimane obbligato a presentare la segnalazione certificata di agibilità entro i termini di legge, anche successivamente alla stipula dell'atto, a meno che l’acquirente dichiari espressamente di farsene carico.

La giurisprudenza, già a partire dagli anni ottanta, considera l’agibilità come un requisito essenziale del fabbricato oggetto di compravendita.
La mancanza dell’agibilità non è considerata un semplice vizio dell’immobile (ancorché di tale gravità da rendere la cosa oggetto della vendita inidonea all'uso rispetto al quale era destinata); si tratta invece di aver consegnato una cosa al posto di un'altra, cioè di quella convenuta (la cosiddetta consegna di “aliud pro alio”), che comporta l’inadempimento del venditore, e di conseguenza la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno.
L’agibilità è infatti considerata come “un elemento che caratterizza l'immobile in relazione alla sua intrinseca capacità di assolvere una certa destinazione economico-sociale e quindi di soddisfare i concreti bisogni dell'acquirente” (Cass. civ., 20 dicembre 1985, n. 6542, poi ripresa da numerose altre sentenze successive).
In mancanza di diverso accordo intervenuto tra le parti, la giurisprudenza ritiene che la garanzia circa la presenza dei requisiti di agibilità sia insita nella qualificazione di un’unità immobiliare come “abitazione”.
La Corte di Cassazione ha infatti ribadito in diverse occasioni che il requisito dell'agibilità (abitabilità) deve ritenersi implicito, a meno che sia stato espressamente convenuto fra le parti che il fabbricato in oggetto possa esserne privo (così già Cass. 20 agosto 1990, n. 8450).
La Suprema Corte ha inoltre precisato che “la sola conoscenza da parte del compratore del mancato rilascio della licenza di abitabilità (...), non accompagnato da una rinuncia da parte dello stesso al requisito dell'abitabilità, (...), non vale ad escludere l'inadempimento del venditore per consegna di aliud pro alio” (Cass. civ., 10 giugno 1991, n. 6576).

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, confermando un orientamento ormai consolidato nella giurisprudenza, ha ribadito che “il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo del certificato di abitabilità o agibilità, pur se il mancato rilascio dipenda dall’inerzia del Comune, è giustificato, poiché il predetto certificato è essenziale, avendo l’acquirente un interesse ad ottenere la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere la sua funzione economico-sociale, nonché a soddisfare i bisogni che inducono all’acquisto, cioè la fruibilità e commerciabilità del bene” (Cass. 5 agosto 2022, n. 24317). Lo stesso principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 32552 del 23 novembre 2023.

Secondo la giurisprudenza, ormai costante, della Suprema Corte, l'assenza della certificazione di agibilità costituisce un inadempimento al contratto preliminare da parte del promittente venditore, che consente al promittente acquirente di rifiutare l'acquisto, chiedendo la restituzione del doppio della caparra (Cass. 20 maggio 2020, n. 9226). Questa sentenza è particolarmente significativa perché nel caso in esame il contratto preliminare specificava, sia pure in modo generico (in un modulo prestampato), che “non c’è il certificato di abitabilità”. I giudici hanno escluso che questa frase potesse implicare una espressa rinuncia del promissario acquirente a ottenere la consegna della certificazione di agibilità dell’immobile alla stipula dell’atto di compravendita, ritenendo che una deroga alla disciplina di legge richiedesse una pattuizione espressa e inequivocabile.

Un'altra pronuncia della Corte di Cassazione, riprendendo quanto già in precedenza sostenuto dalla Suprema Corte, afferma che “integra ipotesi di consegna di aliud pro alio il difetto assoluto della licenza di abitabilità ovvero l'insussistenza delle condizioni necessarie per ottenerla in dipendenza della presenza di insanabili violazioni della legge urbanistica”; e che “il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l'obbligo di consegnare all'acquirente il certificato di abitabilità, senza il quale l'immobile stesso è incommerciabile” e “la violazione di tale obbligo può legittimare sia la domanda di risoluzione del contratto, sia quella di risarcimento del danno, sia l'eccezione di inadempimento” (Cassazione civile, 30 gennaio 2017, n. 2294).
Il termine “incommerciabile” evoca inevitabilmente la situazione dei fabbricati oggetto di abuso edilizio, il cui trasferimento è vietato dalla legge, che prevede la nullità dell’atto eventualmente stipulato.
Si tratta tuttavia di un termine utilizzato in modo impreciso, ovvero non tanto nel suo significato giuridico letterale, ma nel senso di “bene che presenta problemi di commerciabilità” dal punto di vista pratico, secondo la definizione più corretta già utilizzata dalla Corte di Cassazione in precedenti sentenze (per esempio in Cass. civ., 20 aprile 2006, n. 9253).
Ciò risulta chiaramente dalle conseguenze che trae la stessa Suprema Corte dalla mancanza dei requisiti di agibilità, ovvero la risoluzione del contratto per inadempimento e il risarcimento del danno, e non la nullità dell’atto.
Non si tratta, dunque, di vendita di un bene “fuori commercio”, ma di un’ipotesi di consegna di “aliud pro alio”.
Dall’esame della sentenza, risulta inoltre che, nel caso portato all’esame dei giudici, il venditore si era espressamente impegnato a ottenere il rilascio del certificato di agibilità, così garantendo, implicitamente, la presenza dei requisiti di agibilità, senza i quali il certificato non avrebbe potuto essere rilasciato.
La risoluzione del contratto di compravendita, pronunciata dai giudici di merito e confermata dalla Corte di Cassazione, deriva pertanto, anche in questo caso, dall’assenza dei requisiti di agibilità (senza i quali il certificato non ha potuto essere rilasciato, neppure dopo la stipula dell’atto) e non dalla semplice mancanza della certificazione, che in presenza dei requisiti avrebbe potuto essere facilmente rilasciata in un momento successivo).
La maggior parte dei casi portati all’attenzione della Corte di Cassazione riguardavano infatti la mancanza dei requisiti sostanziali di agibilità (la cui conseguenza era, ovviamente, l’impossibilità di ottenere una certificazione dell’agibilità), e non la semplice assenza della certificazione. In tali ipotesi, la Suprema Corte non aveva motivo di sottolineare la distinzione tra la mancanza dei requisiti di agibilità e la mancanza di una certificazione documentale dell’agibilità.
In alcune sentenze, però, si è soffermata sulle conseguenze della semplice mancanza della certificazione di agibilità (anche in presenza dei requisiti), affermando che in tal caso l’acquirente non è legittimato a chiedere la risoluzione del contratto, ma solo il risarcimento del danno (Cass. civ., 3 luglio 2000, n. 8880; Cass. civ., 22 novembre 2006, n. 24786; Cass. civ., 18 marzo 2010, n. 6548).

La legge richiede la certificazione dell’agibilità soltanto al termine della costruzione o degli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di agibilità. Sotto questo profilo, non è in alcun modo previsto un adeguamento degli edifici alle normative sopravvenute, neppure in caso di alienazione dell’edificio, a meno che sia eseguito un intervento che incida sulle condizioni di agibilità.
Se così non fosse, saremmo obbligati a ottenere una nuova certificazione di agibilità di tutti gli edifici esistenti, ogni volta che cambia una norma relativa a uno qualsiasi degli aspetti che incidono sui requisiti di agibilità previsti dalla legge (e dunque, per esempio, dovremmo via via adeguare l’impianto elettrico alle sopraggiunte nuove normative, per ottenere una dichiarazione di conformità da allegare a una nuova richiesta di agibilità).
Questo vale anche in caso di vendita dell’edificio. Il venditore non è obbligato ad adeguare l’edificio alle normative vigenti, né a richiedere una nuova certificazione dell’agibilità.
Se il venditore è in possesso del certificato di agibilità, esso è riferito alla normativa che era in vigore all’epoca della fine dei lavori (di costruzione o modifica essenziale), pertanto attesta la conformità ai requisiti allora vigenti, che sono inevitabilmente diversi da quelli attuali (fatta eccezione, ovviamente, per la vendita di edifici appena ultimati). Ciò nonostante, non si dubita che sia sufficiente consegnare all’acquirente quella certificazione.
Può accadere, però, che il venditore non sia in possesso della certificazione dell’agibilità. Per gli edifici di costruzione più recente, è sufficiente eseguire un accesso agli atti del Comune per ottenere copia del certificato di agibilità, o quantomeno della domanda presentata, e spesso si riesce a ottenere anche una dichiarazione circa l’avvenuto decorso del termine per il silenzio assenso.
Per gli edifici la cui costruzione risale più indietro nel tempo, invece, può accadere, con una certa frequenza, che il Comune non sia in grado di recuperare nei propri archivi la documentazione. Ciò può dipendere dal fatto che la certificazione dell’agibilità non sia mai stata richiesta, ma anche dalla mancata conservazione della documentazione da parte del Comune, per i motivi più diversi.
In questo caso, il problema non può essere sempre risolto con la presentazione di una nuova richiesta della certificazione di agibilità, perché in molti Comuni questa verrebbe trattata secondo la normativa vigente, e ciò, per gli edifici di vecchia costruzione, significherebbe dover eseguire una serie di lavori per adeguarli alle nuove norme. In molti casi ciò risulterebbe impossibile.
E’ dunque opportuno distinguere due diverse ipotesi.

A) Mancanza dei requisiti di agibilità
La prima ipotesi è quella in cui la mancanza della certificazione deriva dalla mancanza dei requisiti di agibilità (previsti all’epoca della fine lavori), che ne hanno reso impossibile la certificazione.
La mancanza dei requisiti di agibilità, senza che l’acquirente ne sia consapevole, fa sì che la vendita dell’edificio integri l’ipotesi di consegna di “aliud pro alio”, con conseguente diritto dell’acquirente di ottenere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno.

B) Mancanza della certificazione di agibilità
La seconda ipotesi è quella in cui l’edificio aveva tutti i requisiti di agibilità previsti all’epoca della fine lavori, ma la certificazione non era stata richiesta, oppure era stata a suo tempo ottenuta ma non è più reperibile.
La mancanza della certificazione di agibilità, non dovuta all’assenza dei requisiti, non comporta la vendita di aliud pro alio, ma può essere considerata un vizio dell’immobile, e determinare pertanto un risarcimento del danno, se non è stata espressamente dichiarata dal venditore e accettata dall’acquirente.

In entrambe le ipotesi è opportuno che il problema sia affrontato dalle parti e regolamentato con una clausola inserita nell’atto di compravendita.
E' inoltre opportuno che la questione sia regolamentata già nel contratto preliminare, perché in mancanza di una rinuncia espressa e inequivocabile da parte del promittente acquirente, la mancanza della certificazione di agibilità rappresenta un inadempimento del promittente venditore.

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